Pubblicato da: Elena Moglio | marzo 31, 2008

Anatomia della paura nell’attacco di panico

 La paura non è collegata a nessun trauma di tipo infantile così come altre forme di disagio psichico e comportamentale.
La teoria decisamente smentita è che ci sia un’origine biologica dei disordini fobici.
Secondo questa teoria gli attacchi di panico dipenderebbero da una disfunzione del locus coeruleus, così come i disturbi ossessivo-compulsivi dipenderebbero da mancanza di serotonina.
A parte il fatto che dare un’interpretazione di questo tipo significherebbe vedere un’organismo complesso come la mente umana solo da un punto di vista puramente fisiopatologico e quindi riduttivista, nello stesso tempo la terapia farmacologia avrebbe effetti risolutivi. Secondo questi studi la farmacologia pur essendo talvolta importante per rendere contattabile il paziente e ridurne l’ansia iniziale, non riesce mai ad essere risolutiva da sola sulla percezione del paziente stesso.

Un’altra convinzione decisamente smentita è quella che vede i pazienti predisposti all’insorgenza di paura e attacchi di panico come soggetti con fragilità psicologiche o che  provengano da famiglie iperprotettive o affettivamente deprivati.
Infine un’ipotesi non ritenuta valida dagli ultimi studi è quella di origine reflessologica meccanicistica.Secondo tale teoria l’attacco di panico deriverebbe con una relazione di causa effetto da stimoli spaventosi esperiti dal paziente precedentemente.
Invece dalla raccolta dell’anamnesi  la comparsa e il mantenimento dei sintomi appare isomorfa, cioè i gravi disturbi sono apparsi e si sono gradualmente complicati sulla base di dubbi e paure di sentirsi male che cominciano a balenare nella mente del soggetto senza nessuna causa apparente.
I pensieri in genere sono del tipo :”se mi sento male chi mi aiuterà ?, che figura faccio ? potrei stare male lontano da casa etc.”
A questo punto il soggetto innesca meccanismi di evitamento e di fuga da tutto ciò che sembrano situazioni potenzialmente pericolose nell’innescare queste emozioni e sentimenti.
Soprattutto il soggetto è molto spaventato dalle somatizzazioni di questo momento come la tachicardia le vertigini o la confusione.
Ciò che determina la grave sintomatologia fobica non è tanto dato da un evento iniziale ma da tutte le manovre e strategie che il soggetto mette in atto per evitare la paura. Sono quindi le tentate soluzioni messe in atto dal soggetto che innescano e rendono riverberante il processo.
Il paziente si trova in una situazione chiamata helplessnes.
L’impotenza appresa consiste nel vivere un evento improvviso come quello della paura come assolutamente incontrollabile e al di fuori di sé. Questo comporta la percezione generalizzata di essere assolutamente impotente di fronte allo scatenarsi delle emozioni.
La persona che ha paura mette in atto due basilari soluzioni.
La prima è quella di evitare di allontanarsi da sola e di evitare tutte le situazioni in cui potrebbe trovarsi sola in casa e fuori casa. Questo comporta un crescendo di paura e soprattutto il fatto che i soggetti cominciano a non fare più quasi niente.Ma questo esitamento generalizzato comporta anche che la soglia di attivazione della paura sia abbassata notevolmente. Quindi non si allontana ma più non si allontana più la paura aumenta.
La seconda strategia è quella di chiedere aiuto.

I pazienti continuano a chiedere massicciamente alle persone attorno, aiuto ogni volta che ritengono di  averne bisogno e diventano abilissimi nel crearsi una rete di supporto attorno che possa intervenire ogni volta che pensano possa accadere un attacco di paura.
Ma anche questa strategia finisce per alimentare il sistema e ritorcersi contro al soggetto alimentando al paura stessa.
Infatti ogni volta che qualcuno interviene in aiuto il messaggio che più o meno consciamente passa è che ti voglio bene e quindi ti aiuto ma ti aiuto perché tu sei malato. Quindi tutto diventa una conferma dei sospetti del soggetto.
Questi meccanismi fanno sì che una volta innescata la paura spesso in modo del tutto casuale ,il sistema tenda a mantenersi stabile.
In altre parole l’inizio della grave sintomatologia fobica pare ubbidire all’effetto butterfly : un battito d’ali in un determinato momento spazio-temporale in Africa, può innescare una serie di retroazioni naturali che conducono ad un ciclone nei Caraibi.
Casualmente in un determinato momento per una serie di fluttuazioni percettivo emotive il soggetto prova un’intensa sensazione di paura. Questa innesca una serie di comportamenti che producono l’amplificarsi e l’ingigantirsi del fenomeno.
Quindi secondo la teoria dell’autopoiesi di Maturana e Varela a questo punto il sistema non ha più bisogno di stimoli esterni per automantenersi perché il sistema percettivo fobico è stato interiorizzato.
Questo tipo di persistenza per essere interrotta ha bisogno di interrompere le tentate soluzioni ma anche di cambiare l’organizzazione cognitiva  e percettiva della realtà del soggetto.

In altre parole quando il gioco perverso del sistema percettivo fobico si è istituito il significato attribuito dal soggetto agli eventi siano essi reali o immaginari non dipende solo dalle credenze culturalmente apprese ma anche dalla modalità con cui l’informazione viene organizzata dalla nostra mente. La persona quindi si trova nella condizione di organizzare tutte le informazioni in entrata mediante il filtro deformante della paura e si verifica una vera e propria tradizione della realtà in modo che questa diventi congruente con le sue rigide organizzazioni percettivo-emotive.
A questo punto ci si potrebbe chiedere perché persone che comunque si rendono conto che le loro modalità di percezione non sono reali, che comunque ogni manovra che fa si ritorce contro di lui eppure persiste nel mantenimento del problema.
Queste sono domande perfettamente legittime in quanto ci si aspetta che persone consapevoli e informate possano gestire emozioni e percezioni che riconoscono come distorte.
In primo luogo dobbiamo pensare che la maggiorparte delle persone ha informazioni mediche e psicologiche che spesso sono imprecise o distorte e quindi fanno fatica ad accettare quelle alternative.
Inoltre tutte le strategie che abbiamo visto contribuiscono a mantenere il problema e hanno una forza iniziale immensa che è quella di alleviare momentaneamente il sintomo facendo sentire la persona sicura e protetta,e una persona che soffre di paura non è in grado durante un attacco di progettare strategie a lungo termine o di intervenire sulle emozioni.


Risposte

  1. Brutta roba gli attacchi di panico. Per fortuna non li ho sperimentati personalmente, ma con la menopausa mi sono accorta di una nuova, violenta claustrofobia mai avuta prima. Credo che avrei seri problemi ad affrontare una risonanza magnetica, e non sopporto nessuna situazione che mi tolga libertà di movimento. Quando mi succede cerco di vuotare la mente, di respirare a fondo, di convincermi che non c’è nessun motivo di avere paura, di controllarmi. Ma purtroppo la sensazione è più fisica che mentale, e innesca meccanismi irrazionali.
    Per ora la situazione è ancora sotto controllo…
    Ciao Elena, grazie, ogni informazione in più è sempre preziosa.
    E complimenti per il blog!

    lorenza

  2. Lette con il senno di poi (ovvero da “guarita”) queste parole sono così vere!!!
    Devo ringraziarti infinitamente per l’aiuto che mi hai dato.
    In principio ero scettica…ma quanto mi sono ricreduta durante gli anni di terapia!
    Gli attacchi di panico e la paura di avere paura vanno curati, ma non da soli!
    Riuscire a contrastarli è un grande traguardo, fa anche in modo che ne appaiano di meno…e questo è qualcosa di stupendo per una persona che ne soffre!
    Ciao Doc, un bacione e…grazie di tutto!!!

  3. Cara Patry ,
    cominciare un percorso è sempre difficile , ma spesso lo è la strada che porta a se stessi. E molto spesso bisogna perdersi prima di ritrovarsi! L’aiuto che cerchi non può arrivare solo dal confronto in un sito con altre persone che hanno avuto o stanno avendo le stesse sofferenze.
    Puoi contattarmi quando vuoi per avere tutti i consigli in merito.

    • Due settimane sono pochissime cerchi un aiuto in tempi brevi, prima comincia ad uscirne meglio è.
      Mi chiami al 333 7144936 se vuole un consiglio

  4. salve nadia : Devi passare attraverso la paura consapevole che quando soffri il tuo corpo è tuo alleato . Tratto attacchi di panico da molto tempo e so che per uscire da ciò bisogna avere la forza di vivere e trasformare la paura in curiosità. Soffrire di attacchi di panico a volte può trasfromarsi in una opportunità. Importante è avere il desiderio di vivere lasciandosi trascinare dalla vita . ma tutto questo può sembrare banale se non viene contestualizzato in un percorso. Provi a trovare un terapeuta che possa accompagnarla. Ce la può fare : ho visto tante persone gioire di nuovo.


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